19.6.16

#SampleSunday - "La nipote"

Romanzo d'amore nella serie "Quick, quick, slow - Club di Danza Lietzensee" 

Madeline Lagrange, la nipote del presidente del “Club di Danza Lietzensee”, vede il ballo liscio soltanto come uno strumento di cultura che apprende senza grande entusiasmo. Poi si imbatte nel gruppo di square dance del circolo. E si innamora  – non solo del ballo, ma anche del caller, l’americano Chris Rinehart.
Chris è affascinato da Madeline fin dal primo istante. Ma lui è l’istruttore del gruppo e lei è minorenne. Lotta contro il suo crescente affetto per lei e rinnega i propri sentimenti nei suoi confronti.
Mentre Madeline, con la caparbietà dei suoi diciassette anni, cerca di sedurre Chris, suo nonno fa di tutto per bandirlo dal circolo e per mettere zizzania tra loro


Primo capitolo:

«Avanti – avanti – a lato – chiudo...» La voce squillante di Ines Grube sovrastava la musica. Nove coppie si affannavano a seguire le indicazioni dell’istruttrice.
Madeline Lagrange sollevò le braccia contro il petto del suo compagno di ballo per aumentare la distanza. «Robert, mi stai schiacciando!»
Robert Merck increspò le labbra, ma allentò la presa. «Bene così?» La sua voce aveva un tono di scherno. «Non sapevo che fossi così fragile.»
Lei strabuzzò gli occhi. Intanto andò subito fuori tempo; Robert la afferrò di nuovo più forte.
Quando danzando passarono davanti alla porta aperta, lei lanciò un’occhiata al grande orologio sopra al bar.
Sembrava che nel frattempo si fosse fermato. L’ora non avrebbe dovuto essere quasi finita?
Il nonno sedeva al bancone e sembrava osservarla; i suoi piedi si muovevano a tempo. Anche dopo quasi vent’anni, non aveva ancora dimenticato nulla. Forse avrebbe fatto meglio a esercitarsi con lui, invece che con questo tizio irritante.
Ines spense la musica e ordinò una breve pausa.
«Mamma mia!» Madeline si asciugò il sudore dalla fronte con il dorso della mano. Poi si guardò i piedi. «Le mie calze nuove si saranno rovinate.»
«Ma anche perché tu metti sempre i tuoi piedi sotto ai miei.»
«Ah, allora è così!» Per caso lo trovava divertente? Lasciò Robert e andò al bar.
«La mia Madeline!» George Lagrange, con gli occhi raggianti, tese verso di lei un bicchiere di acqua minerale. «Sei di gran lunga più brava del tuo compagno. A proposito, chi è?»
Marga Fischer, che si occupava del bar oltre che dell’ufficio, allungò una mano verso il bicchiere vuoto di George per riempirlo ancora, tenendo nell’altra la bottiglia di vino rosso. «Tua nipote ha il ritmo nel sangue. Chissà da chi lo avrà ereditato?» Facendo l’occhiolino, gli versò il vino.
«Da mio figlio sicuramente no. Ha già fatto di nuovo saltare in aria mezzo laboratorio.»
Marga lo fissò esterrefatta. «No!» Rise nervosamente. «Mi stai di nuovo prendendo in giro!»
«Niente affatto. C’era ieri sul giornale.» Sulla sua fronte apparve una ruga di rabbia. «Ovviamente non me l’ha raccontato lui.» Prese il bicchiere a Marga e si voltò di nuovo verso Madeline. «Allora, chi è questo con cui balli?»
Lei alzò le spalle. «Robert Merck. Suo padre è più o meno un collega di Klaus Wächter.»
«Famiglia di poliziotti, dunque.» La ruga sulla fronte di George scomparve. Quando subito dopo Robert arrivò al bancone, diresse al ragazzo uno sguardo cordiale.
Robert si fece dare una birra da Marga. «Adesso me la sono guadagnata.»
«E con la guida, come la mettiamo?», chiese Madeline, tagliente. «Volevi accompagnarmi a casa.»
Lui arrossì fino alla punta dei capelli. Madeline nascose il suo divertimento dietro al bicchiere sollevato.
George si grattò il mento, pensieroso. «Ballerà ancora con noi, dopo il corso introduttivo?»
Lo sguardo di Robert si spostò su Madeline. «Il Club di Danza Lietzensee ha una notevole reputazione; mi piace. Penso di sì – se si trova una compagna per il gruppo di ballo?»
«Ma certamente.» George annuì soddisfatto. «Allora, al successo.» Alzò il bicchiere in direzione di Robert. «L’ho osservata poco fa.»
«E? Cosa ne pensa?» Si irrigidì. «Posso sperare di diventare perfetto, un giorno?»
«Bah!» Madeline sbuffò. «Cosa sarebbe questo? Fishing for compliments, Robert?» Non si diede la briga di nascondere il suo disprezzo.
«Oggi non sai proprio stare allo scherzo, Madeline! Non ti ho mica pestato i piedi così spesso!»
George seguì lo sguardo istintivo di Madeline verso il basso. Sul piede destro aveva una macchia di sporco vicino alla caviglia. «Ballare con i sandali non è molto furbo. Comprati delle vere scarpe da ballo.»
«A che scopo? Se ci cammino in strada una volta, poi le posso buttare via.»
«Che lavoro fa, Robert?»
«Niente di speciale.» Alzò le spalle. «Ufficio distrettuale di Reinickendorf. Ma di sicuro non per tutta la vita.» I suoi occhi scintillarono. «Una carriera come ballerino da sala... Questo sì che è da farci un pensierino.»
«Ai miei tempi ebbi davvero un notevole successo. Quattro volte tra i primi tre al campionato tedesco; idem per due volte ai campionati del mondo.» Però il nonno non aveva mai vinto; questo lo taceva sempre ai giovani. «Mio padre partecipava già agli albori del ballo in formazione prima della seconda guerra mondiale. Madeline continua la tradizione di famiglia.»
Cosa gli saltava in mente? «Nonno!» Madeline scosse la testa. «Per ottenere un posto a Medicina, so già adesso come saranno riempiti i miei giorni fino alla maturità.»
«Sei così intelligente, Madeline. Non riesco proprio a immaginare che tu possa aver bisogno di così tanto tempo per studiare.» Robert cercò di prenderle la mano. «Si ricomincia.»
«Io sto ancora finendo di bere la mia acqua.» Madeline si ritrasse da lui e lo sventolò via in direzione della sala da ballo. «Va’ pure.»
Robert, titubante, spostava lo sguardo avanti e indietro tra Madeline e la sala da ballo. Poi iniziò piano la musica: a breve Ines avrebbe ricominciato. Iniziò a muoversi, ancora esitante.
«Uff!» Madeline sospirò, quando fu fuori portata d’orecchio. «Mi. Dà. Sui. Nervi.»
«E perché mai? È davvero simpatico! E così ambizioso.»
«Non è proprio il mio tipo.»
George ridacchiò. «E chi sarebbe il tuo tipo?»
Lei guardò verso il soffitto, trasognata. «Alto, snello, con i capelli neri. Adulto.»
«Suona come se tu avessi in mente qualcuno in particolare. Ti sei invaghita di uno dei tuoi insegnanti?»
Madeline rise; non erano affari del nonno. «Allora io torno di là.»
Dopo due passi, però, si fermò. Trattenendo il respiro, fissò l’uomo che stava entrando in quel momento. Slanciato e con le spalle larghe; jeans e una t-shirt tanto stretta che sotto di essa si delineavano i movimenti dei suoi muscoli. E capelli neri, anche se un po’ troppo corti per i suoi gusti. «Wow!» Espirò lentamente. Lo aveva forse appena evocato lei?
Continuando a guardare l’uomo con la coda dell’occhio, si voltò verso Marga. «E questo chi è?»
«Chris Rinehart, il nostro caller!»
«Eh?» E cosa significava?
«Madeline!» Robert le fece un cenno brusco e con un sospiro lei si rimise in movimento.

***

Lo sguardo di Chris si incollò su Madeline, che camminava verso la sala da ballo con evidente svogliatezza. Il suo bel viso era irrigidito in una smorfia arcigna. Cosa ci faceva qui quella ragazza, se non aveva alcuna voglia di ballare?
«Buonasera, Chris!» Marga lo strappò alle sue riflessioni. «Ho provveduto alla sostituzione. Lo stereo non si poteva più riparare.»
George alzò le sopracciglia. «Sostituzione, Marga? Non è previsto nel nostro bilancio.»
«Neanche una riparazione. Ma va bene. Ho già parlato con Werner.»
La fronte di George si distese un po’. «Tu pensi sempre a tutto.»
Marga chinò rapidamente la testa sul lavandino, in cui mise i bicchieri vuoti. George bighellonò verso la sala da ballo. Chris si unì a lui e si appoggiò contro il telaio della porta.
La maggior parte delle coppie offrivano sempre una scena pietosa. E quella che allestiva Madeline con il suo compagno era più simile a un incontro di lotta che a un valzer lento. Perché non lasciava che fosse lui a condurre, come si conveniva? Era evidente che quel ballo non faceva per lei.
I loro sguardi si incrociarono; Chris non poté fare a meno di sorriderle. Lei arrossì e distolse velocemente lo sguardo. Chris non voleva guardare da un’altra parte. La ciocca rosso vino, nella sua chioma scarmigliata biondo scuro, dava un tocco audace che lo affascinava. Si confaceva alla zuffa con il compagno.
«Il corso per una sera potrebbe anche durare di più, così mostro loro qualche passo di square dance», disse a George.
George si impuntò. «Questo è un corso introduttivo di ballo liscio!» Si schiarì la gola e poi la sua voce suonò meno brusca. «Come circolo, è già abbastanza problematico organizzare un corso.»
Marga storse gli occhi; dopodiché Chris rinunciò a replicare.


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9.4.16

#SampleSunday - Il cavallo di fuoco

Il cavallo di fuoco. Romanzo fantasy

In una notte di tempesta, presso l’allevamento di cavalli del Lago d’ombra, nasce un puledro bianco. La sua nascita nel mondo dei mortali fa svanire il potere del fuoco dal Regno d’ombra e minaccia di mandare in rovina anche l’isola di Seoria.
Il «vecchio Grint» tenterà di approfittare di questo momento di debolezza per sottomettere tutto il Regno d’ombra. Moghora, sovrana di Seoria e principessa dei maghi, dovrà ora combattere in entrambi i mondi per conservare il suo potere.
Gli abitanti della fattoria e di un vigneto confinante si troveranno costretti a prendere parte alla lotta e alla fine decideranno l’esito del conflitto tra Moghora e il vecchio Grint.



Un'occhiata all'inizio:

1

Silvana scese le scale a tastoni con le scarpe in mano. Attraverso le fessure della porta della cucina vide la luce accesa, segno che suo fratello era ancora chino sui libri contabili. La giovane donna aprì il pesante portone con cautela ma, appena sgusciata fuori, una raffica di vento le strappò la porta di mano facendola sbattere violentemente contro la serratura.
L’ombra di Doriano apparve alla finestra della cucina, ma non le fece cambiare idea: Silvana corse scalza attraverso il cortile.
Doriano aprì la finestra. «Silvana! Silvana, torna indietro. Cosa fai là fuori con questo tempaccio?» Si infilò l’impermeabile e si affrettò a seguirla.
Ancora non pioveva, ma già i tuoni rombavano in cielo e il vento faceva sbattere le persiane e roteare in aria i resti del fieno che al mattino avevano ammassato contro la parete del capanno degli attrezzi. Silvana corse a fissarle.
Mentre stava per raggiungere la scuderia, un fulmine si abbatté ai margini del campo di mais trasformando il vecchio pino in una torcia fiammeggiante. Dal portone della scuderia entrava un odore di bruciato che faceva fremere nervosamente i cavalli. Miklos e Waltari, i due stalloni, colpivano con gli zoccoli le pareti dei box. Sulla paglia c’era una giumenta nera che la accolse con un lieve nitrito.
Silvana cercò a tentoni una lanterna e l’accese. «Larissa, tesoro mio! Ci siamo?» Si inginocchiò e massaggiò delicatamente il grande ventre della cavalla, che sbuffava e gemeva.
Silvana le accarezzò il collo. «Sarà un bellissimo cavallino, vedrai. Tuo figlio porterà in sé il fuoco di tutti i fulmini che stanno cadendo ora. Sarà veloce come la tempesta che infuria sulla scuderia e potente come un rombo di tuono.»
Si sentì una risatina. Suo fratello era entrato inosservato nella stalla. «È una formula magica per il nuovo puledro?»
«Ah, Doriano!» Silvana si alzò e prese la lanterna per illuminargli il percorso.
«Con questa luce i tuoi ricci scomposti sembrano quelli di una piccola strega.» «O di un elfo» aggiunse sollevando le sopracciglia. «Come facevi a sapere che Larissa stava per partorire? È troppo presto!»
«Ha bisogno di aiuto.» Silvana appoggiò la mano sulla testa della giumenta per calmarla.
«Anche noi. Per salvare l’allevamento avremmo bisogno di un cavallo con il diavolo in corpo.»


Finalmente, verso l’alba, un puledro fece il suo ingresso nel mondo barcollando sulle lunghe zampe.
«Un albino» esclamò Doriano perplesso.
«Ma no, non vedi che ha gli occhi neri?» Silvana diede un buffetto alla giumenta, aggiungendo con una strizzatina d’occhio: «Larissa, con chi ci hai tradito?»
«Forse è davvero il cavallo magico che abbiamo desiderato.» Doriano si sedette sulla paglia e le abbracciò entrambe.
Quando uscirono dalla stalla vennero di nuovo strattonati dalla tempesta, che era ancora nel pieno della sua furia, pur non sembrando più così minacciosa alla luce del nuovo giorno. Sorridendo alzarono il viso verso il cielo esponendolo alle poche gocce di pioggia e saltellarono tra le pozzanghere formatesi durante la notte.
In quel momento cadde di nuovo un fulmine e dal tetto della casa si alzarono subito delle fiamme.
I due ragazzi rimasero come paralizzati.
«Andiamo a spegnerlo, forse facciamo ancora in tempo» gridò Doriano contro il fischio della tempesta afferrandole la mano.
Silvana si staccò dalla sua presa. «No, prima i cavalli! Dobbiamo farli uscire prima che il fuoco si propaghi alle scuderie!» Tornò indietro di corsa senza prestargli attenzione.
Il vento soffiava già ondate di fumo verso la stalla. Gli animali sentivano l’odore del fuoco e nitrivano spaventati.
Silvana fece uscire per primi i due stalloni tenendoli per la criniera e parlando con voce rassicurante. Mentre usciva, aprì le porte degli altri box, ad eccezione di quello di Larissa e del suo puledrino. I cavalli la seguirono senza opporre resistenza.
Nel frattempo Doriano corse al pozzo, riempì due secchi d’acqua e si affrettò a raggiungere la soffitta. Dal lato del cortile bruciava già uno dei pilastri di supporto del tetto. L’acqua non era sufficiente a spegnere l’incendio.
Si precipitò verso uno dei cassettoni facendo cadere tre sedie impilate e da una cassapanca estrasse in fretta vecchie coperte e vestiti. Provò freneticamente a soffocare il fuoco con la stoffa, ma riuscì solo a fare schizzare in giro le scintille. Le fiamme cominciarono a lambire le travi del tetto. Il vento attizzava il fuoco spingendolo verso di lui.
Corse nuovamente in cortile a riempire i secchi e, di ritorno in soffitta, gettò con tutta la forza l’acqua contro le travi, ma il fuoco continuava a divorarle. Scese le scale di corsa, ormai scoraggiato, gettando, prima di uscire, i secchi in cucina. Da solo non ce la poteva fare.
Silvana era tornata nella stalla. «Larissa, dobbiamo portare te e il tuo puledro al pascolo. Ce la fai?» Mise una coperta sulla giumenta continuando a parlarle con dolcezza. Larissa era ancora debole, ma la seguì subito, come se capisse la gravità della situazione. Dolcemente spinse in avanti il puledro, che traballava sulle gambe sottili. Molto lentamente, affinché il puledro potesse seguirle, Silvana li portò fuori dalla stalla.
Mentre si dirigeva verso il pascolo recintato arrivò Doriano. «Silvana, perché non mi aiuti? Non ce la faccio a spegnere il fuoco da solo! Perderemo tutto.» Lacrime di rabbia gli scorrevano sul volto.
«Non finché abbiamo i cavalli!» esclamò Silvana infastidita. «Invece di sforzarti invano là sopra, avresti dovuto cercare il modo di proteggere le scuderie.»
«Perché, vuoi dormire nella stalla da ora?»
Con uno schianto assordante un altro fulmine si abbatté su un vecchio capanno che si trovava in fondo ai campi ...


Il cavallo di fuoco. Romanzo fantasy di Sabine Abel, Monique Lhor, Annemarie Nikolaus.

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